_news #151
12 Dicembre 2008
Imposta comunale: proposta Cipolletta
Concordo con l'idea, espressa da Innocenzo Cipolletta (Il Sole 24 Ore del 18 novembre scorso) secondo la quale, per realizzare il federalismo fiscale, occorre istituire un' imposta che rientri nella piena autonomia impositiva dell'ente locale e che sia in grado di incrementare il prelievo fiscale locale.
Ma non bisogna cadere nella logica unilaterale di affidare ai comuni la leva fiscale esclusivamente sugli immobili .
Questa idea è un'ellissi concettuale, poiché si basa sul presupposto erroneo che gli stessi,in quanto insistenti sul territorio, godano direttamente dei servizi comunali.

A ben vedere, viceversa, sono i cittadini, e non gli immobili i veri fruitori dei servizi comunali finali; come peraltro si evidenzia quando si tratti ad esempio dei lavoratori pendolari, che consumano prevalentemente i servizi in un comune nel quale, né risiedono, né pagano le imposte, personali o immobiliari che siano .

Con l'impostazione che non ci convince, si introduce un sistema di prelievo locale molto sbilanciato, perché gravante solo su una categoria di contribuenti: i proprietari immobiliari.

Occorre, viceversa, estendere la capacità impositiva comunale nei confronti della più larga base di contribuenti.
Cioè alla sfera dei produttori di reddito personale; in modo da coinvolgere nel processo del federalismo fiscale, volto ad attibuire ai comuni una più ampia autonomia tributaria, tutti i contribuenti e non solo alcuni di essi.

E dunque la soluzione proposta da Cipolletta, che presenta l'indubbio pregio della semplicità (risolvendosi di fatto in una dilatazione dell'ICI, anche se si ipotizza un suo superamento) non permette di risolvere il vero nodo sul tavolo della riforma della fiscalità comunale: il coinvolgimento dei city users, o pendolari del lavoro, nel finanziamento del bilancio del Comune in cui esercitano l'attività lavorativa e del quale utilizzano dunque i servizi cinque o sei giorni su sette (nella città di Milano sono 700.000).

D'altronde, il semplice meccanismo della compartecipazione all'Irpef, non è sufficiente, in quanto opera a favore del comune di residenza del contribuente; che è in fondo il comune-dormitorio,volendolo definire in modo più incisivo.

Per queste ragioni la nostra organizzazione, con la collaborazione del professor Gianfranco Gaffuri del Dipartimento di diritto tributario dell'Università degli studi di Milano, ha elaborata la proposta di istituire una imposta sul reddito da lavoro delle persone fisiche, di competenza del comune nel quale venga prestata l'attività lavorativa.
L'onere fiscale verrebbe assolto dal contribuente o in modo diretto, attraverso una autodichiarazione, nel caso di lavoro autonomo, ovvero mediante ritenuta da parte del datore di lavoro ( sostituto d'imposta )in caso di lavoro subordinato.

Ovviamente l'equità fiscale richiede che tale imposta sia integralmente detraibile dall'Irpef da versare all'erario statale.
Una riforma quindi, quella da noi suggerita, a costo zero per il contribuente.
Un equilibrato dosaggio del rapporto, tra nuova imposta e compartecipazione, permetterebbe inoltre di superare in modo equo il sistema dei trasferimenti, realizzando una corretta proporzione tra spese e gettito fiscale locale, e di uscire, nel contempo, dalla logica unilaterale implicata da un sistema di finanza comunale imperniato esclusivamente sull'ICI (o su un suo equivalente); imposta di carattere patrimoniale e settoriale e quindi inidonea a costituirne di per sè l'esclusivo fondamento.”
Achille Colombo Clerici
Presidente Assoedilizia
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